mercoledì 2 ottobre 2013

Bedankt, Deventer!

"Noi andare a Deventa, tu venire?"
"Dove?"
"In Olanda. Noi azienda, tu visitare città!"
"Uhm...ok!"
Così comincia la storia della prima volta in cui sono andata in Olanda.
I Signoriepadroni, per impegni lavorativi, devono passare una giornata in un'azienda di quella che scopro chiamarsi Deventer, cittadina olandese poco distante dal confine tedesco. Il programma prevede che io visiti la città mentre loro sono a lavoro. Ben volentieri!
Anche se il giorno prima della partenza vengo scoraggiata, sentendomi dire che non è una città che vale la pena visitare, decido di portarmi un libro da leggere in caso di noia mortale, ma di tentare comunque la fortuna e andare con loro. La ragione principale è proprio il fatto che non sono mai stata in Olanda.
Ebbene, sorvoliamo sul viaggio in macchina, di cui dirò soltanto che il sedile era massaggiante. No, non ergonomico o con quei pallini di finto legno plebei. Massaggiante! Con le vibrazioni massaggianti nei punti giusti (della schiena)!
Arrivati in azienda faccio la conoscenza di tutti questi watussi neerlandesi, biondissimi e gentilissimi. Oltre a scoprire che Deventer ha l'accento sulla prima sillaba, apprendo che quasi tutti in Olanda parlano tedesco e noto che tutti lo fanno con dei cucciolosissimi sch-sound al posto degli s-sound *.* Teneri!
Poco dopo mi portano in centro, che inizio a visitare con un compagno insolito: U. l'autista dei Signoriepadroni. Subito rimaniamo affascinati dalle piccole vie un po' scoscese, sulle quali si affacciano casette di mattoncini rossicci e dalle finestre capiamo che la gente ha voluto approfittare dell'abolizione della tassa sulle tende che vigeva nei Paesi Bassi.



Ciò che colpisce di più sono, però, i negozietti, dove trovi dai libri a 1 euro, candele, stoffe, vestiti, vinili, scarpe...



La prima tappa è stata quella dettata dalla fame però e come non prendere il piatto tipico? Pommes per me e U.! Senz'altro hanno un sapore tutto olandese che le distingue da qualsiasi altra patatina fritta. A meno che.
Il giorno prima della partenza, come una vera viaggiatrice che si rispetti, ho cercato informazioni sulla città, sulle cose da non perdere (anche dopo essere stata scoraggiata dall'andare) e avevo trovato che il simbolo della città è la Waage, la bilancia, in tedesco. Ebbene, cerca che ti ricerca sta De Waag, in olandese, viene fuori che si trova nello stesso posto in cui avevo preso la cartina della città. Ci torniamo, per capire finalmente che De Waag in neerlandese non è uguale a die Waage in tedesco. Almeno non letteralmente. Ecco, De Waag era l'edificio principale del commercio, dove le merci venivano pesate. Ora ospita il museo della città.


Nel resto del pomeriggio ho vagato a caso, mia attività prediletta e mi sono ritrovata in un negozio che espone e vende, oltre a vinili usati,  le opere di uno scultore-tessile francese di ottantatré anni col cognome italiano. La proprietaria del negozio è stata così gentile da mostrarmi le opere e raccontarmi dell'autore. Ora chiaramente non mi ricordo né il nome del negozio, né quello dell'autore, shame on me!
Poi sono salita fino alla Bergkirche, imponente e maestosa da fuori, piuttosto spoglia da dentro.



Insomma, bilancio positivo per un'uscita che non si prospettava allettante. Bedankt, Deventer!

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